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Le parole posseggono ancora un valore? Oggi si usano in maniera indiscriminata, prive di quel nesso essenziale fra l’essere umano e la sua realtà, fra il senso e le cose. É un’emergenza paragonabile al dilagare delle guerre e delle diseguaglianze sociali.

Pensiamo, ad esempio, alle parole usate in genere dalla politica o da rappresentanti delle istituzioni. Qualche giorno fa la morte di Don Maurizio Francoforte, parroco di Brancaccio, ha riaperto una ferita profonda sul fronte della lotta alla mafia.

Lo Stato aveva promesso che in quel quartiere avrebbe costruito un asilo, un segno concreto di contrasto alla povertà educativa, terreno fertile delle diseguaglianze e delle conflittualità di cui si nutre la mafia. Le promesse sono state disattese: “siamo stufi delle parole” ripeteva Don Maurizio nei suoi ultimi discorsi.

Quante volte aveva sentito quelle promesse? Molte volte, troppe.
I vuoti delle parole vengono riempiti dall’ambiguità, dalla sopraffazione, dalla corruzione.

Se ci spostiamo da Palermo a Caivano, troviamo anche quì un disagio sociale alimentato da parole inautentiche, da promesse non mantenute. Le case di Caivano furono costruite in amianto e cemento per una situazione di emergenza; dovevano essere case temporanee per gli sfollati del terremoto in Irpinia e diventarono uno dei tanti quartieri disagiati dove cresce l’illegalità.

Le case, costruite su terreni paludosi, sono inospitali e fragili come la gente che le ha abitate in tutte questi anni. I bambini e le bambine di Caivano e di Palermo sono cresciuti con pochissime opportunità di accesso alla sanità, all’aggregazione, alla formazione.

E qui non vogliamo neanche contemplare i casi estremi delle bimbe violate e di quelle anche gettate dai terrazzi.
Il nuovo governo ha reagito con un piano strutturale di prevenzione e repressione, un piano che vorrebbe diventare “modello” per altre zone d’Italia.

La prevenzione e soprattutto la corretta integrazione fra prevenzione e repressione è stata spesso disattesa proprio dalle istituzioni, da chi ha voluto delegare tutto a magistratura e forze dell’ordine. Il destino dei giovani vittime della povertà educativa è stata riposto nelle mani di un volontariato eroico che ha agito anche per colmare le inadempienze della pubblica amministrazione.

Lo ha ricordato in questi giorni il Presidente Sergio Mattarella nel suo discorso di fine anno, affermando che è nostro dovere ascoltare il disagio dei giovani, dare risposte concrete alle loro esigenze, alle loro aspirazioni, per salvarli dal “deserto di relazioni”, da “un mondo abitato da tanti solitudini”.

Per il Presidente della Repubblica, i veri eroi sono coloro che lavorano per i giovani e per il bene della comunità: “Patriottismo è quello dei medici del pronto soccorso, quello dei nostri insegnanti che si dedicano con passione alla formazione dei giovani, quella del volontariato”.

In Italia ci sono molti esempi del genere. Basta pensare al lavoro svolto dal “Movimento delle scuole senza zaino”, un gruppo di volontariato sorto 20 anni fa, che coinvolge circa settecento scuole in tutta Italia.

Il movimento lavora su alcuni obiettivi prioritari, come il miglioramento degli spazi scolastici, l’apprendimento cooperativo, che permette di aiutare gli alunni e le alunne ad assumersi le responsabilità della propria crescita facendo crescere l’altro; e, infine, la promozione della scuola come delle piccole comunità in cui si condividono obiettivi, responsabilità e ideali.

A Napoli c’è la Cooperativa sociale “Il Tappeto di Iqbal” che lavora a Barra, uno dei quartieri a maggior rischio di povertà educativa. La cooperativa usa il circo sociale, per togliere gli adolescenti dalla strada, trasformando il rischio negativo dell’illegalità in rischio positivo, quello delIe attività circensi o del parkour, attraverso i trampoli, la corsa, l’arrampicata.

In Italia ci sono circa diecimila organizzazioni del terzo settore che si sono messe in rete per collaborare a favore dei minori. È comprensibile il motivo per cui il Presidente Mattarella ha voluto ricordare queste volontarie e volontari come dei veri eroi.

Patrioti, ecco una parola usata in maniera appropriata. Una parola legata non solo ai nostri confini, alla nostra cultura e tradizione ma anche alla ricchezza delle relazioni umane, perché solo una rinnovata sorellanza e fratellanza può restituire senso e valore alle parole.