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Ho scritto questa lettera nel corso di uno dei tanti viaggi in sud America, nell’aprile del 1998. La lettera è indirizzata a Josè Carlos dos Santos, missionario orionita scomparso nel 2002.

Josè è stato più di un fratello più di un compagno di viaggio. Con lui ho iniziato la mia attività missionaria nelle aree più povere del Brasile, in Amazzonia, in Africa. Con lui ho imparato a conoscere i mille volti della fame, della paura, della morte.

Con lui ho conosciuto il sistema di sopraffazione della ricchezza, il cinismo e l’ipocrisia del potere. Con lui ho praticato la capacità di resilienza del popolo brasiliano, degli indios dell’Amazzonia e la straordinaria ostinazione dei missionari orionini: guerrieri instancabili anche di fronte alla peggiore sconfitta.

Caro frates,
 
Dopo la tua partenza Angelo ha pianto a dirotto. Si è placato solo dopo che con gli altri pazienti del reparto psichiatrico, siamo riusciti a organizzare una partita di calcio. Padre Freitas è stato molto gentile con noi; la sera della nostra partenza abbiamo parlato del nostro progetto di ricerca ed abbiamo cantato qualche canzone del nostro spettacolo. Abbiamo salutato i novizi con un concerto di musica napoletana e siciliana prima di ripartire per Araguaina. Il viaggio da Brasilia al cuore del Tocantins è un colpo al cuore: chilometri di selva bruciata hanno trasformato lo spazio in un paesaggio lunare. Frecce annerite di alberi bruciati ti tolgono la possibilità di guardare l’orizzonte. Sembra la distruzione dell’infinito.
 
Al nostro arrivo ci hanno accolto padre Gilmar Luppi e padre Remigio Corazza che sta scrivendo la storia della sua vita ma non ne vuole parlare. Abbiamo subito iniziato a lavorare per la manifestazione del movimento dei “Senza Terra” che si é svolta il 16 e 17 di aprile. È incredibile vedere come questo movimento nato nel 1984 sia riuscito già a dare la terra a più di centomila famiglie. Per l’occasione abbiamo fatto una breve rappresentazione studiata proprio per il luogo e per il tipo di pubblico. Abbiamo avuto un incontro con tutti i rappresentanti dei sindacati dei partiti e del movimento che appoggia i senza terra e senza impiego. Su questa esperienza abbiamo scritto un articolo che sarà pubblicato in Italia su una rivista di teatro.
 
Con i bambini seguiti da padre Enrico abbiamo costruito “A arvore da vida” unica possibile risposta ad un problema che ci è parso assumere forti connotati politici, a volte strumentalizzati dalle stesse organizzazioni sindacali (CUT, SIND, SINTET). Nell’albero della vita, fatto di pietre e bambù colorati, spiccava la frase di Don Orione: “insieme per amare, insieme per lottare”. Abbiamo scoperto il triste fenomeno delle violenze sui bambini usati per i riti satanici; siamo stati con loro un’intera giornata. Mi è sorto il dubbio che sia stato un bene che non siano morti, considerato come sono traumatizzati. Padre Enrico non li lascia soli neanche un minuto; li sta aiutando molto. E pensare che Enrico è stato punito perché si è schierato a favore della teologia della liberazione…
 
Sai bene quanto mi fa arrabbiare la posizione della Chiesa romana e quanto trovo ingiusto che questi missionari, oltre le torture e il carcere debbano subire anche l’isolamento della congregazione! Sono riuscito a farmi raccontare alcune vecchie storie missionarie da padre Remigio; molte sono legate alla storia del Tocantins che ho ritrovato successivamente in quel bel libro di Don Orione “Tra i diamanti e i cristalli”.
 
Remigio mi mi ha rivelato di essere stato 40 anni fa in Sicilia ed in Aspromonte. Pare che l’Aspromonte sia rimasto particolarmente impresso nella sua memoria tanto che voleva risentire i profumi della zagara e del bergamotto. L’abbiamo invitato in Calabria ma lui dice che ormai ritornerà in Italia dopo la morte. Sarebbe interessante fare un film sul pionierismo di questi padri. Perché non pensiamo di realizzarlo? Potrei trovare chi presta gratuitamente la sua opera…
 
Da Rio a Bélem il punto forte di questo viaggio non è stato caratterizzato dai luoghi ma dalle persone. A Rio ci parlavano di padre Remigio, a Belo Horizonte ci parlavano di Don Aloisio, ad Araguaìna di Don Tonini e di padre Geraldino. Abbiamo vissuto con molta emozione questo modo particolare di comunicare tra persone che, anche se lontane tra di loro, sentono e vivono la stessa casa, lo stesso tetto, fatto dell’opera di Don Orione. Questa conoscenza dei percorsi è stata importante. Di ritorno da Bélem padre Dino ci ha preparato una montagna di spaghetti e il 29 aprile abbiamo realizzato un grande spettacolo teatrale per i bambini del Cottolengo.
 
Padre Dino Alberati è come Don Orione, come padre Elio e come te: persone che non si fermano mai. Sarà pure che fa male alla salute ma sicuramente farà bene all’anima! Adesso partiamo per il Mato Grosso. Ci aspettano le attività a Campo grande e subito dopo tenteremo di arrivare in Perù, nella storica città di Ayacucho.
 
Un abbraccio frates