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I fatti di ‘ndrangheta spesso si ripetono come un copione di teatro dell’assurdo.

Dopo decenni si ritrovano operanti le stesse famiglie mafiose, le stesse modalità criminali che feriscono una società che cerca timidamente il cambiamento.

Qualche giornalista distratto si affretta a cercare i responsabili accusando ingiustamente magistrati e forze dell’ordine, criminalizzando la gente comune, vittima prelibata della strategia della delegittimazione. Ma si tratta di distrazione?

Nel frattempo chi ha avuto il coraggio di denunciare vive sordamente il proprio calvario. Gallina è una frazione di Reggio Calabria; viene considerata il giardino felice della città, una collina a due passi dal centro abitata da gente tranquilla. Da lì si può osservare tutta la drammatica bellezza di questa terra.

Per percorrere a piedi Gallina è sufficiente camminare per non più di 20 minuti, dalla Stazione dei Carabinieri all’ex carcere, passando per Municipio e Chiesa. Poche persone, molte case disabitate.

Ogni tanto un omicidio fuori dal bar o un uomo gambizzato sulla porta del suo negozio o un altro preso a fucilate da una terrazza. Tutto normale, tutto già visto. Non denuncia nessuno. Notoriamente i morti non si lamentano e i vivi restano in silenzio.

In preda a quella distrazione, il giornalista scrive che si tratta di una società malata, di antimafia finta e di omertà. E se quella che prendiamo per distrazione di chi dovrebbe garantire l’informazione fosse altro? Se fosse espressione della sua collusione con sistemi criminali paralleli a quelli mafiosi? Forse non ha letto bene i libri di storia, dovrebbe sapere che dai tempi di Erodoto questo pericoloso rapporto tra “noi” e gli “altri” nasconde un conflitto problematico con l’ordine costituito e con il potere.

Come in tanti altri luoghi del sud del mondo non è la paura a dominare la scena ma la totale sfiducia nella legge, una sfiducia così radicata da diventare ferita insanabile. Timidi segni di cambiamento arrivano dall’ostinazione di una coppia di insegnanti (Serenella Corrado e Martino Parisi) che hanno avuto la forza di denunciare e di parlare.

Hanno messo per iscritto fatti che probabilmente capitano a tante altre persone anche nello stesso quartiere. Estorsioni, minacce e danneggiamenti subiti da anni semplicemente perché con la loro Associazione “Pentakaris” volevano educare attraverso la scuola di musica. Il messaggio è percepito come rivoluzionario ma i carabinieri segnano una presenza affidabile dello Stato, la società civile si mobilita, li affianca, li sostiene.

Adesso forse si potrà iniziare a raccontare la loro storia; facendo attenzione ai cronisti disattenti e a alle Istituzioni corrotte.